Canne di bambù, la cui qualità principale è la flessibilità, caratteristica che dal mio punto di vista descrive lo spirito della macrobiotica.
ALIMENTAZIONE

Flessibilità, libertà e responsabilità: la mia visione della macrobiotica

È una domanda che mi sento rivolgere spesso e per lungo tempo mi ha messo in difficoltà, perché di fatto non rientro in nessuna categoria (e per di più mi stanno strette le etichette!): non sono vegetariana perché qualche volta il pesce, quello piccolo, lo mangio (con profondo senso di gratitudine); non sono vegana perché talvolta, quando sono in giro, mi capita di mangiare uova e formaggio.

Con il tempo ho imparato a rispondere: “mangio seguendo i principi della macrobiotica”. È una risposta liberatoria, che mi permette di stare fuori dalle classificazioni e di aprire un dialogo con chi è realmente interessato ad approfondire.

Di solito, la domanda che segue è: e che cosa vuol dire?
Qui la risposta si fa più lunga e complessa (la trovate qui), ma quello che cerco sempre di sottolineare è che la macrobiotica non esclude nulla, l’importante è conoscere e sperimentare gli effetti energetici dei cibi e, di conseguenza, scegliere con consapevolezza e una disposizione mentale flessibile, aperta ed elastica.

Può sembrare strano descrivere la macrobiotica con la parola “flessibilità“, perché di solito la si associa a un atteggiamento rigido e dogmatico nei confronti del cibo. Per me non è così: vivere secondo i principi della macrobiotica mi dà un grande senso di libertà e di responsabilità; anche la libertà di poter “sgarrare” in consapevolezza e avere in mano gli strumenti per “rimediare” allo sgarro.

In un mondo ideale, non avrei problemi a mangiare (quasi!) sempre in maniera equilibrata, ma occorre fare i conti con la realtà: i momenti di convivialità, le cene al ristorante o a casa di amici, le vacanze, quel bicchiere di vino (molto yin!) che ogni tanto voglio concedermi…

E allora come mi comporto?
Mangio quotidianamente seguendo i principi dello yin e dello yang e gestisco le eccezioni scegliendo di volta in volta a cosa dare priorità (se alla salute, alla socialità o al desiderio di rendere felice una persona assaggiando quello che ha preparato per me).
Se sono al ristorante, scelgo il male minore.
Se sono a cena di amici, faccio piccoli assaggi e grandi complimenti (come dice il mio maestro!).
Se voglio concedermi un’eccezione la faccio, consapevole degli effetti che potrei avvertire, e adoperandomi per riportare equilibrio nel mio corpo con i pasti successivi.
Se sto facendo un periodo di dieta curativa, scelgo di non sgarrare nonostante tutto.

Poi ci sono alimenti a cui dico di no per principio, anche quando sono da amici, anche quando non c’è altro da mangiare (non tocco la carne da sedici anni), ma è una scelta che esula dalla macrobiotica (la macrobiotica dice semplicemente che la carne ha un effetto molto yang e che sarebbe da consumare solo occasionalmente).

È chiaro che non si possono fare eccezioni continue, perché il corpo non riuscirebbe a stare nel centro, perennemente impegnato a riportare equilibrio, ma è meraviglioso osservare come, al primo sgarro, ecco che manda il segnale: un preziosissimo sintomo che mi dice che qualcosa non va, persino che cosa non va (basta impratichirsi un po’ con la diagnosi orientale).
La maggior parte delle volte non mi stupisco, perché so dove ho sbagliato (e spesso sono i piccoli dettagli nella dieta a fare la differenza!): sto attenta, mi osservo, non smetto mai di conoscermi. Mi sento responsabile (abile a rispondere) della mia salute.

[Foto di kazuend su Unsplash]